La minaccia è più forte della sua esecuzione

Abbiamo citato un principio scacchistico reso famoso da un grande maestro dei primi del 900 che intendeva dire che il timore di una mossa, il suo potenziale impatto, spesso è più efficace nel creare pressione sull’avversario rispetto alla attuazione stessa della mossa. In estrema sintesi è quanto ha fatto il presidente americano Trump quando ha dichiarato che ha approvato i piani di attacco contro l’Iran ma che si è preso due settimane di tempo per decidere se attaccare o meno. Nel frattempo porta avanti la sua guerra di nervi spostando per il globo decine e decine di cacciabombardieri, aerei cisterna, navi portaerei, con lo scopo di indurre l’Iran ad accettare la sua proposta di sedersi ad un tavolo a Washington, per quanto avesse in precedenza dichiarato che i termini erano scaduti. Sicuramente  il presidente americano è molto combattuto se dare o meno l’ordine di usare la loro speciale bomba anti bunker per far saltare l’impianto iraniano a Fordow ritenuto il cuore del sistema nucleare iraniano. Ma anche l’Iran starebbe facendo pressione su Israele con una minaccia che al momento potrebbe essere solo latente. A quanto pare la stessa IAEA, l’agenzia internazionale per l’energia atomica, si troverebbe al centro di polemiche per un report di maggio nel quale ha accusato l’Iran di aver avviato un progetto di arricchimento dell’uranio. A seguito di tale report il presidente dell’agenzia ha rettificato dicendo che l’AIEA non ha alcuna prova che l’Iran stia preparando una bomba atomica e che pertanto la reazione israeliana non sia assolutamente giustificata. Ovviamente è il solito teatrino dello scaricabarile che accade sempre in queste occasioni, ma nel report L’AIEA ha rilevato un aumento di uranio arricchito al 60%, passando da 274,8 kg a 408,6 kg, rispetto all’ispezione precedente. Da molteplici pubblicazioni tra cui anche un articolo del corriere della sera della scorsa settimana si evince come per usi civili sia sufficiente un arricchimento dell’uranio al 3 / 5% mentre un arricchimento fino  al 20% serve solo per essere impiegato nei reattori di navi e sottomarini a propulsione atomica. Un arricchimento oltre l’85% serve solo se si vuole realizzare una bomba come quella esplosa ad Hiroshima nel 1945. Ora se l’AIEA ha dichiarato che le scorte iraniane di uranio arricchito al 60% sono aumentate è vero che non significa che abbiano la bomba, ma è chiaramente anche vero che essendo tale percentuale assolutamente oltre qualsiasi livello destinato a scopi civili o di propulsione marina, l’unica logica spiegazione che ne consegue è che tale quantità dovesse essere destinata ad essere ulteriormente arricchita per ottenere un arma letale. Non potremo mai sapere se l’AIEA aveva informazioni corrette o solo parziali e se vi fosse una imminenza di settimane o pochi mesi o invece di anni. Rimane il fatto che siamo tutti sotto una grave minaccia e auguriamoci che resti tale e non venga mai eseguita !

Le tensioni geopolitiche hanno pesato su tutti i listini e Milano ( – 0.52% e saldo 2025 a + 14.76%) ovviamente non è rimasta immune pur essendo stato il migliore dei listini europei.

Pur avendo perso i minimi della scorsa ottava non si è andati sotto i 38900 punti ed in chiusura si è tornati sopra i 39200 punti mentre i volumi sono stati in aumento ma ancora rimasti sotto alla media. Certamente la situazione non è delle più rosee ed anche i dividendi che verranno staccati lunedì porteranno l’indice a cedere qualcosa, ma la speranza che la diplomazia riesca in qualche modo a far tacere le armi esiste ancora. Se si dovessero perdere i 38870 punti è possibile un affondo in area 37550 punti mentre in caso di recupero il primo ostacolo sono i tondi 40mila punti

Secondo un sondaggio dell’IFO institute la situazione nel settore delle costruzioni pubbliche in Germania resta critica anche a maggio nonostante il relativo indicatore abbia registrato un miglioramento rispetto alla primavera del 2024.

A soffrire maggiormente sono i piccoli operatori, quelli che ovviamente hanno meno risorse, anche perché proprio per eventuali problematiche dei piccoli negli ultimi anni le committenti hanno sempre preferito assegnare i contratti alle società maggiormente capitalizzate, creando quindi una situazione di avvitamento. Graficamente il DAX ( – 0.70% e saldo 2025 a + 17.29%) ha tenuto la rialzista nonostante il minimo di settimana sia sceso sotto. Anche qui i volumi sono stati in aumento pur rimanendo sotto alla media. Per la prossima ottava il supporto dinamico sarà a 23345 punti, quindi se il DAX dovesse restare su questi livelli di chiusura strapperebbe ancora una tenuta. Nel caso di cedimento il primo livello da guardare sarà area 22800 punti e a a seguire area 22250 mentre al rialzo se si superano i 23700 allora si potrebbe facilmente rivedere area 24mila punti.

Se i listini di FTSE-MIB e DAX sono riusciti a contenere le perdite sotto al punto percentuale, cosi non è stato per l’indice delle maggiori blue chips europee

( – 1.07% e saldo 2025 a + 6.90%) è stato l’unico a perdere oltre il punto percentuale, segno che in Francia e Spagna le cose vadano peggio. Obiettivo al ribasso pare sempre area 5085 dove si incociano un supporto statico ed uno dinamico. al rialzo primo ostacolo area 5300 punti e poi 5430.

La FED in settimana ha confermato i tassi di interesse e mantiene anche invariate le stime per il proseguimento dell´allentamento monetario.

Ulteriore peggioramento anche per l’outlook sull’espansione dell’economia.

L’istituto centrale si attende infatti una crescita del Pil dell´1,4% nel 2025 contro l´1,7% stimato in marzo (2,1% in dicembre), e dell´1,6% nel 2026 contro l´1,8% dell´outlook precedente (2,0% in dicembre). Confermata ancora sull´1,8% la previsione di espansione dell´economia Usa nel lungo periodo. Naturalmente questa decisione ha fatto nuovamente scatenare l’ira di Trump che ha dichiarato che Powell sta costando al paese centinaia di miliardi di dollari e che egli stesso sarebbe stato un miglior governatore della banca centrale. La Fed mantiene aperta la possibilità per due tagli nel 2025, a settembre e dicembre anche se tramite le parole di Waller la FED potrebbe considerare di anticipare a luglio il primo taglio, chissà se abbia detto queste parole solo per rabbonire il presidente o se veramente ritiene che l’impatto dei dazi sull’inflazione avrà vita breve. Unico listino positivo per la settimana il Dow jones ( + 0.02% e saldo 2025 a – 0.79%) e anche l’unico listino negativo per l’anno in corso. Apertura e chiusura sui minimi della scorsa ottava e lunga upper shadow, ma volumi in calo ( anche per la festività di giovedì). Fino a quando tengono i 41820 la rialzista resta il secondo livello di supporto, se poi si dovesse riuscire a tornare oltre i 43mila allora il DJ potrebbe fare un po di strada. Seconda candela consecutiva appesa lassù per il Nasdaq ( – 0.02% e saldo 2025 a + 2.92%) che non riesce a portarsi oltre i 22mila punti ma altresì non vuole cedere sotto i 21500. volumi in aumento nonostante la chiusura e rialzista che si avvicina. Nella prossima ottava transiterà a 21295 e se dovesse cedere è probabile la ricopertura del gap a 20250. Un ritorno oltre i 22mila punti sarebbe quasi subito nuovo massimo storico e possibile allungo. Stessa configurazione per S&P500 ( – 0.15% e saldo 2025 a + 1.47%) che dopo aver nuovamente fallito la tenuta dei 6mila punti rischia di scendere a 5720 a chiudere il gap e a 5682 al test della rialzista. Ovviamente il ritorno oltre i 6mila punti sarebbe propedeutico ad un ritocco del massimo storico dei 6147 punti. Volumi qui in calo rispetto alla scorsa ottava.

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