100 giorni da ricordare
Sono trascorsi i primi 100 giorni dall’insediamento di Trump per il suo secondo mandato di presidente americano ed è tempo di tirare qualche somma. Avrete certamente visto nei telegiornali l’immagine del presidente americano nelle vesti del Papa, immagine che lo stesso Trump ha postato sul suo social e che indiscutibilmente riflette il suo sentirsi salvatore della patria che si è ricamato addosso in campagna elettorale prima e da presidente poi. Un interessante report di Unicredit riporta come nel lontano 1973, Schlesinger ,uno dei maggiori storici americani, introdusse il concetto di “presidenza imperiale” che a suo dire consiste nell’abuso da parte del presidente americano delle sue prerogative costituzionali per eludere o allentare il sistema di pesi e contrappesi sul potere esecutivo. Al momento i tribunali appaiono l’ultima linea di difesa costituzionale e cosi a fronte dell’enorme numero di ordini esecutivi firmati da Trump nei primi 100 giorni, parliamo di un numero che oscilla da 137 a 142 secondo le varie fonti, sono la maggioranza quelli che sono stati in qualche modo impugnati in tribunale e rettificati. Se consideriamo che nel suo primo mandato Trump ne firmo 30, che Biden nonostante si trovasse a fare i conti con la pandemia ne firmo un terzo e che Obama nel suo secondo mandato ne firmo appena 7, ci rendiamo conto di come il presidente americano stia cercando di governare in maniera “imperiale”. Già perché nel frattempo ha firmato solo 5 Leggi, di cui tre che annullano regolamenti dell’era Biden , contro le 28 firmate nello stesso periodo del suo primo mandato. Non passa giorno che il presidente americano posti sul suo social qualcosa per far parlare di se, nel bene o nel male, e con la questione dei dazi è riuscito a fare in modo che tutti vogliano ora cercare un accordo con lui, alimentando cosi il suo ego. Con il dollaro che in questi primi 100 giorni di presidenza è calato di quasi il 10%, (scese del 2% nello stesso periodo sotto il suo primo mandato ed invece era aumentato sotto le presidenze Bush, Obama e Biden) e l’effetto dazi che ha spinto le aziende americane ad anticipare le importazioni prima che scadano i 90 giorni di moratoria, ha portato il deficit della bilancia commerciale USA a 162 miliardi, ben oltre i 146 del consensus. Cosi mentre Trump continua a postare sul suo social la richiesta alla FED di ridurre i tassi in quanto cala la benzina, cala il prezzo degli alimentari e della energia, da parte degli economisti il risultato dei dati sulla occupazione smentisce le attese di fragilità economica dopo il dato del PIL del primo trimestre. Quel dato secondo loro era falsato da aumento importazioni e riduzione spesa pubblica e con un tasso di disoccupazione stabile è molto probabile che la FED attenderà parecchio prima di rimettere mano ai tassi.
Ma Trump influisce anche all’estero e cosi dopo aver firmato l’accordo sulle terre rare con l’Ucraina ed aver constatato che la Russia pare non aver molta voglia di sedersi ad un tavolo di pace, pare abbia influenzato il voto in due grosse nazioni.
In Australia ha da poche ore vinto il candidato liberale ed il portavoce conservatore, il senatore James Paterson, ha difeso la campagna del proprio partito, dicendo che era stata colpita negativamente dal «fattore Trump». «È stato devastante in Canada per i conservatori… penso sia stato un fattore anche qui, quanto grande lo vedremo tra qualche ora»
Terza candela verde per Milano ( + 2.62% e saldo 2025 a + 12.12%)
si riporta sui livelli antecedenti i dazi di Trump, ma a ben guardare i volumi delle ultime tre settimane, per quanto tutte di soli 4 sedute, sono stati man mano in contrazione. Siamo poi ad inizio maggio, il mese degli stacchi dei dividendi che inevitabilmente avranno un peso sulla performance del nostro indice. Come avevamo detto la scorsa ottava, il breakout dei 37500 avrebbe permesso un possibile e teorico allungo verso area 40mila punti, ovviamente dividendi permettendo. Considerando che lunedì 5 non saranno aziende di primo piano a staccare è possibile che Milano possa salire ancora ed avvicinarsi cosi ancora verso il teorico obiettivo, ma il 19 sarà dividend day e si perderanno circa 350 punti. Area 37500 primo supporto

Resta cupo il quadro della economia tedesca secondo gli economisti di Commerzbank
il fatto che il PIL sia cresciuto nel primo trimestre non deve oscurare il fatto che l’economia tedesca non sta affrontando una forte ripresa a lungo termine. Certamente i dazi di Trump impattano molto sulle esportazioni del settore auto, fiore all’occhiello dell’industria tedesca e non basteranno i forti investimenti nel settore difesa a compensare. In ogni caso il DAX ( + 3.79% e saldo 2025 a + 15.96%) si conferma miglior listino di settimana e dell’anno, chiudendo l’ottava al test della resistenza dei 23105 punti a 23086 punti. Per la prossima settimana la resistenza dinamica sarà a 23135 punti e se sarà superata allora pare molto probabile che l’indice tedesco, con tutte le difficoltà che attraversa la Germania, possa puntare a nuovi massimi storici.

Bene l’indice delle blue chips europee (+ 2.54% e saldo 2025 a + 7.95%)
chiude sui massimi lanciando un forte segnale per il proseguimento della corsa verso area 5500 che a febbraio e marzo bloccò ogni tentativo di breakout. Primo supporto i 5085 punti.

Chi al momento mantiene le distanze con Trump è la Cina
Il ministero del Commercio di Pechino ricorda che “gli Stati Uniti hanno recentemente preso l’iniziativa di aprire il dialogo” e che “la Cina sta attualmente valutando la possibilità”.
Il ministero chiede però che “se gli Usa vogliono dialogare, dovrebbero dimostrare la loro sincerità, essere pronti a correggere le loro pratiche sbagliate e annullare i dazi unilaterali”. Ricordiamo che Pechino ha deciso da parte sua di togliere alcuni dazi per le merci USA in ingresso nel paese del dragone.
Anche l’altra grande economia asiatica, il Giappone, si è fatta sentire in maniera chiara e cosi il ministro delle finanze Kato ha dichiarato che il Giappone potrebbe considerare l’utilizzo del suo portafoglio di Treasury USA ( oltre 1000 miliardi di dollari) come strumento di leva nei negoziati commerciali sul fronte dei dazi. Wall Street ha sostanzialmente recuperato i livelli pre liberation day, lo shock dei dazi dello scorso 2 aprile, cosi il Dow Jones ( + 3.00% e saldo 2025 a – 2.88%) passa la resistenza segnalata e chiude a 41317 punti dopo un massimo a 41386 punti. I volumi in realtà non sono stati quelli della festa pur avendo avuto la settimana piena. Primo supporto la rialzista che transiterà a 40731 punti mentre la prima resistenza la troviamo sui 41400 punti e a seguire area 41800 punti. Bene anche il Nasdaq ( + 3.44% e saldo 2025 a – 4.33%) che supera la resistenza dinamica chiudendo a 20102 punti dopo un massimo a 20176. Primo supporto i 19983 punti della rialzista e prima resistenza area 20300 prima di arrivare alla rialzista superiore che transiterà sui 20977 punti. In settimana le trimestrali di alcune big tech che hanno rilasciato dati positivi ma guidance caute causa i soliti dazi. Unico listino a Wall Street a guadagnare meno del 3% S&P500 ( + 2.92% e saldo 2025 a – 3.31%) che però ha avuto i volumi in linea con l’ottava precedente. Primo supporto la rialzista a 5626 mentre prima resistenza area 5780.


